Itinerari pedonali dentro le mura

DALLA STAZIONE AL CENTRO

La nostra passeggiata alla scoperta di Foligno prende avvio dalla stazione ferroviaria. Inaugurata nel gennaio 1866 e rinnovata nel 1915 si presenta con i caratteri degli anni 1946-1948 quando fu ricostruita a seguito dei danni causati dagli eventi bellici, è classificata nodo commerciale di supporto alle linee di alta velocità, ma quale stazione di testa della trasversale per Perugia-Terontola, svolge tuttora la preziosa funzione di allacciare la Roma – Firenze con la Ancona-Roma.
Dall’antistante piazzale Unità d’Italia, già foro boario, che apre su un elegante quartiere residenziale costruito negli anni 1925-1927, si diramano, a destra, la via Flavio Ottaviani ed a sinistra il viale Mezzetti. Percorriamo il secondo, ed all’ombra dei platani che lo fiancheggiano, ammiriamo gli eleganti villini Liberty.
Costeggiamo quindi la grande caserma intitolata al generale Ferrante Gonzaga del Vodice (1899-1943). Costruita tra il 1874 e gli anni Novanta dell’Ottocento, dal 1996 ospita il Centro di Selezione e Reclutamento Nazionale dell’Esercito. Al termine del viale, si ergono i propilei del vecchio campo sportivo, edificato nel 1932 su disegno di Cesare Bazzani, occupa un’area già destinata a giardino pubblico. Le strutture di accesso allo stadio fanno da cornice alla statua di Nicolò di Liberatore detto l’Alunno, il più insigne dei pittori di Foligno, eseguita (1872) dal folignate Ottaviano Ottaviani; sul basamento due medaglioni, raffiguranti Raffaello e Pietro Vannucci il Perugino.
Volgiamo a destra, ed entriamo nel centro storico varcando la porta Romana, così denominata dall’antica struttura a bastioni demolita nel 1870, ed oggi rappresentata dai due caselli della cinta daziaria eretti, nello stesso periodo, su progetto dell’ingegnere Pio Pizzamiglio (1871), ispirato ad uno più elaborato dell’ingegnere Giacomo Paniconi (1868) ed eseguito dal maestro muratore Zefferino Santini. Nel casello di sinistra ha sede l’Ufficio Informazione e assistenza turistica. Nel casello di destra trova spazio lo Sportello unico per le attività produttive). Il corso Cavour, principale arteria cittadina, ci attende per condurci nel cuore della città. A destra, in angolo con via Guglielmo Oberdan l’antica locanda di San Giorgio, poi Hotel della Posta, dove soggiornarono, tra i moltissimi, Goethe e Garibaldi. Sulla facciata dell’edificio, ora destinato ad attività commerciali, una lapide affissa nel giugno 1882 ricorda: IN QUESTA CASA/ REDUCE VITTORIOSO DALL’AMERICA MERIDIONALE/ DIMORO’ NEL DICEMBRE DEL 1848/ GIUSEPPE GARIBALDI/ ALLA VIGILIA DI NUOVE VITTORIE/ PER LA DIFESA DI ROMA. Più avanti a sinistra, una multisala cinematografica, con eleganti decorazioni del pittore Carlo Frappi. Sulla facciata, tra i civici 92 e 90, l’imposta del rosone della chiesa di San Giorgio (ora scomparsa). Su due portali appresso, stemma di Pietro Sgariglia, che v’impiantò l’omonima tipografia, e quello dei Cannetti, casato della moglie.
Procedendo sul lato destro, la Casa del Mutilato (1940), decorata all’interno con una Allegoria della Vittoria, opera del pittore folignate Ugo Scaramucci. Subito dopo, l’Ospedale vecchio, elegante costruzione rinascimentale con portico di undici arcate, comunemente chiamato le logge.
Di fronte, il secentesco palazzo Cantagalli; accedendovi dal civico 54, è parzialmente visibile un residuale giardino, noto ai folignati come la Montagnola, con resti dello scalone, del loggiato e della relativa statuaria d’arredo; mentre reperti lapidei con insegne araldiche ed un’elegante fontana murale si conservano nell’androne dell’ingresso principale.
Ancora pochi metri, ed il Corso si apre in un piccolo slargo, delimitato a destra dalla trecentesca torre dei Vitelleschi, appartenente alla cerchia muraria degli inizi del Duecento, seminascosta dall’arco di accesso alla via Pignattara. Appena più avanti, sul medesimo lato, la facciata del Teatro Piermarini, già Apollo.
Di fronte al teatro, il palazzo della sede centrale della Cassa di Risparmio di Foligno.
Superato il palazzo della Cassa di Risparmio,  arriviamo a contatto di due palazzi notevoli: a destra il palazzo Roncalli, a sinistra il palazzo Morotti.
Adiacente al palazzo Roncalli, ed in angolo sul Trivio, punto di intersezione delle principali direttrici di transito nel centro cittadino, si erge il palazzo Giusti poi Campitelli, già abitato dagli omonimi tipografi folignati che vi hanno esercitato a lungo (Sette-Ottocento), l’arte della stampa. A seguito dei bombardamenti aerei del 1943-1944, il Trivio ha ricevuto l’attuale configurazione.
Di fronte al Trivio, incastonato tra la navata e il braccio di sinistra della cattedrale, con ingresso in largo Carducci, si erge il palazzo delle Canoniche, in origine segmento dell’insediamento castrense che intorno al Mille formava il nucleo originario della città attuale, poi abitazione dei canonici della cattedrale.
Contigua alle Canoniche, si staglia la cattedrale, la facciata maggiore idealmente rivolta a Roma, centro della Cristianità universale, quella minore affacciata sulla platea vetus (piazza della Repubblica), a fronteggiare i palazzi che altrettanto decisamente affermavano il potere civile della città. Sorta in sito adiacente ad una preesistente cappella intitolata a Sant’Angelo e dedicata a san Feliciano vescovo e martire, la cattedrale ha assunto la forma attuale in seguito ad accrescimenti e modificazioni avvenuti in epoche diverse. Gli studi più recenti ne collocano l’origine nella prima metà del secolo Undicesimo, e ne ipotizzano una primitiva intitolazione alla Santissima Trinità. La facciata maggiore, su largo Carducci, fu restaurata nel 1904.
Qui giunti, possiamo visitare l’interno della cattedrale, oppure proseguire il nostro cammino costeggiando le Canoniche, entrare nella piazza della Repubblica e tendere alla facciata della cattedrale detta minore.
Sul lato opposto, domina la piazza il palazzo del Comune, il cui prospetto è stato realizzato tra il 1835 e il 1838 su progetto dell’architetto maceratese Antonio Mollari eseguito da Francesco Boschi di Perugia.
Ridiscesi nella piazza della Repubblica, vediamo il palazzetto Orfini, unito al palazzo comunale dal cavalcavia già ricordato, che spicca per le eleganti linee rinascimentali (1515).
La costruzione adiacente, ampiamente rimaneggiata, caratterizzata da un grandissimo arco a sesto acuto, costituisce il palazzo comunale antico, risalente al 1265. Gli è contiguo l’edificio noto come palazzetto del Podestà, dall’elegante loggiato, costruito, forse, agli inizi del Duecento e sicuramente ristrutturato dai Trinci, dei quali reca la cifra in un arazzo dipinto sull’esterno. La loggia era in comunicazione diretta con il palazzo Trinci tramite un ponte, di cui intorno alla metà del Settecento fu autorizzata la demolizione su richiesta della famiglia Orfini, divenuta da tempo (1599) proprietaria del palazzetto; così come non è più visibile da epoca imprecisata il porticato aperto sulla piazza e che attualmente è inglobato nell’edificio in angolo.
Sul lato orientale della piazza si impone il palazzo Trinci, già dimora della signoria folignate e poi dei governatori pontifici. Realizzato a cavallo del Quattrocento su edifici preesistenti, e più volte danneggiato nel corso dei secoli, è stato restaurato tra il 1920 e il 1936 e negli anni successivi all’ultimo conflitto. La struttura quattrocentesca, tuttora abbastanza ben conservata, è celata dall’odierna facciata edificata negli anni Quaranta dell’Ottocento su progetto originario dell’architetto Odoardo Poggi, modificato da Sigismondo Ferretti ed eseguito da Clementino Ferrandini. Ha diretto i lavori lo stesso Ferretti assistito dall’architetto comunale Vincenzo Vitali. La parte posteriore, ampiamente compromessa dai bombardamenti aerei durante la seconda guerra mondiale, è stata recentemente occultata alla vista dalla moderna costruzione della nuova Biblioteca comunale.
Dopo aver visitato il palazzo Trinci, lasciamo la piazza della Repubblica ed imbocchiamo a sinistra via XX Settembre, dove poco più avanti si innalza il palazzo Elisei, il cui maestoso ingresso si identifica con l’accesso all’attuale galleria. ALIIS OCCASIO/ALIIS ANIMUS, ammonisce al piano nobile l’iscrizione incisa sugli architravi aggettanti di due finestre. Tornando verso la piazza, pieghiamo a sinistra su via dei Giotti, sbocchiamo su via dell’Oratorio e dirigendoci verso piazza Michele Faloci Pulignani, passiamo vicino al Vescovado, ricostruito (1953-1956) su progetto di Mario Paniconi e Giulio Pediconi, tocchiamo la cattedrale e prendiamo per via della Zecca, dove si trova la casa dei Bacerotti, zecchieri pontifici attivi nel Cinquecento.
Proseguendo, sbuchiamo su via dell’Annunziata e arriviamo alla Nunziatella, oratorio rinascimentale, forse opera di Bartolomeo da Pietrasanta, con facciata ristrutturata (1830) dall’architetto Vincenzo Vitali.
Di fronte alla Nunziatella, un edificio di recente costruzione, opera dell’architetto folignate Franco Antonelli; dinanzi al prospetto laterale destro della Nunziatella, la fiancata della chiesa di Sant’Anna o del Suffragio.
Dirimpetto al Suffragio, in angolo tra via Umberto I e via Garibaldi, sono inglobati i resti di un edificio trecentesco, con facciata in pietra squadrata e loggia formata da due archi a sesto acuto sormontata da bifore. Una lapide apposta (1940) sull’angolo destro della facciata raccoglie una tradizione tutta da verificare e ricorda l’edificio come casa del celebre medico Gentile da Foligno, morto in Perugia nella pestilenza del 1348.

VERSO PORTA ANCONA E PORTA SAN FELICIANETTO

Sul piccolo slargo antistante il Suffragio, all’isolato in angolo che ingloba la cosiddetta casa di Gentile da Foligno si contrappone, sull’angolo opposto, il palazzo Giusti Orfini, importante edificio di carattere manieristico-barocco edificato tra fine Cinquecento e primi Seicento. Ristrutturato sul calare del Seicento – sulla ringhiera del balcone è impresso l’anno 1693 (o 1699) – da Felice Tucci per conto dei Giusti, il cui stemma in pietra spicca sul portale, è passato poi progressivamente agli Orfini (1799-1811).
Il prospetto laterale di palazzo Giusti Orfini si affaccia sulla via Garibaldi con la quale entriamo nel cuore degli antichi rioni Abbadia e Croce. Se vogliamo deviare per un attimo dal nostro itinerario, è da segnalare a destra la via Butaroni, nella quale è degno di nota il palazzo Bartocci, con stanze dal prezioso decoro settecentesco; proseguendo per via Garibaldi, tra due ali di palazzi ristrutturati nell’Ottocento troviamo sulla sinistra, al civico 77 (noto come Casa Spina), un cinquecentesco portale in pietra; quindi, entrati nella piazza Garibaldi, vediamo al centro, il monumento all’Eroe dei due Mondi, opera dello scultore Ottaviano Ottaviani, fusa in bronzo da Arcadio Rampioni ed installata il 20 settembre 1891. Su uno dei lati, la chiesa di San Salvatore, eretta nei pressi del luogo, e forse sull’area stessa, occupata (fra Dodicesimo e Tredicesimo secolo) da un’abbazia di monaci benedettini.
Alle spalle della chiesa, in posizione d’angolo a sfondo della piazza, il complesso architettonico formato dalla canonica della chiesa di San Salvatore e dal palazzo dei Varini.
Ritorniamo in piazza Garibaldi, e all’altezza del monumento, vediamo: il palazzo, con portale balconato, Silvestri Scarpellini Scentri (1697) Berardi (1765) Frenfanelli a sinistra, il palazzo Atti Cibo Orselli Casavecchia a destra e la grandiosa facciata in laterizi della chiesa di Sant’Agostino.
Lasciata alle spalle la chiesa di Sant’Agostino, sulla nostra destra si dispone la piazza Ercole Giacomini in parte occupata, fino al bombardamento aereo del 22 novembre 1943, dalla chiesa di San Leonardo, poi santuario della Madonna del Pianto. Di fronte alla piazza spicca il palazzo Sorbi, già Roscioli, poi passato (1710) ai Poggi. Poco più avanti a sinistra, la traversa di via Pierantoni su cui sorge il palazzo da cui deriva il nome. Visitato palazzo Pierantoni e continuando per la via Garibaldi, si nota a destra il secentesco palazzetto Merganti, con stemma gentilizio in pietra posto sulla facciata al disopra del portale ed un’edicola settecentesca a lato. In successione, il palazzetto Fucci, al cui interno è stata recentemente scoperta una edicola assegnabile al Cinque-Seicento, e appena più avanti, il palazzo Clarici, oggi sede dei Carabinieri, da segnalare per la cappella decorata (1924) dal perugino Gerardo Dottori.
Di fronte al palazzo Clarici, si apre la via dei Molini, così denominata dai numerosi opifici alimentati per secoli dalle acque dell’omonimo canale, già letto del Topino. Percorse poche decine di metri, si vede parte dell’originaria struttura del mulino detto di Sopra, uno dei tre mulini da olio e da grano che sono stati di pertinenza comunale per molti secoli. All’imbocco di via dei Molini, e in angolo con via Garibaldi, si erge, la chiesa della Santissima Trinità in Annunziata. Edificata (1760-1775) dai folignati Pietro e Giuseppe Buccolini su disegno dell’architetto Carlo Murena, è rimasta incompiuta.
Al termine della via Garibaldi, l’incrocio stradale detto porta Ancona, toponimo che richiama alla memoria l’antica porta Abbadia, detta successivamente di Loreto. Aperta sulla cinta muraria, di cui si ammira ancora, a sinistra, un lungo tratto recentemente recuperato, la porta era munita di barbacane, costruito nel 1426, e costituiva il punto di riferimento delle Marche e per le Marche. Se ne dipartivano due importanti strade di collegamento: la Flaminia e la Val di Chienti. Ripercorriamo a ritroso un breve tratto di via Garibaldi e, volte le spalle alla chiesa della Trinità in Annunziata, entriamo in via dei Monasteri.
Al termine della via dei Monasteri, chiuso da un alto muro, che fino ad epoca non lontana correva anche lungo l’attuale via Umberto I, il monastero di Sant’Anna o delle Contesse è l’unico tuttora esistente, dei cinque da cui per secoli la via dei Monasteri ha derivato il nome. Sul lato opposto, in angolo tra via dei Monasteri e via Umberto I, svetta la cupola ellittica della chiesa del Corpo di Cristodetta di Betlem.
Sostiamo per un attimo davanti a questa chiesa, e volgiamo lo sguardo alla porta detta un tempo della Croce ed oggi di San Felicianetto, l’unica che si conserva delle antiche porte della città. Trasformata in edicola nel Settecento, è stata riaperta e ripristinata nella sua veste medievale nel 1920. Procediamo per la via Umberto I, costeggiando il grande magazzino, cui è contiguo, in angolo con via Pignattara, il palazzo del pittore Ugo Scaramucci. Poco oltre, nella via Pignattara, si erge il palazzo Piermarini.
Ripresa la via Umberto I, ci avviamo per via Niccolò Alunno. Tra gli edifici di sinistra, si nota il palazzo Cirocchi, con arme in pietra sul portale; mentre a destra, nel punto in cui la strada sbocca in un piccolo slargo, una lapide ricorda la casa di abitazione del celebre pittore cui è intitolata la via, ora inglobata in una struttura ricettiva. Di fronte, una delle poche isole di medioevo in una città dai prevalenti connotati di età moderna: la suggestiva sequenza architettonica del monastero di Santa Caterina e della chiesa di San Sebastiano.
Proseguiamo per via Niccolò Alunno ed imbocchiamo pochi metri più avanti a sinistra, sfiorando il fianco del vasto fabbricato Maffetti Beddini, via Cirocchi che ci riporta sulla via Umberto I. L’edificio che incontriamo a destra, delimitato dalle vie Cirocchi e Butaroni, con il balconcino in ferro battuto, è conosciuto oggi come palazzetto Accorimboni. Nel cortile, pozzo in pietra con stemma in parte abraso ma ancora leggibile dei Massorelli, cui si deve la ristrutturazione secentesca dell’edificio. In quell’occasione, quattro finestre e quattro “mezzanine”, sul modello di quelle di palazzo Roncalli in via della Fiera, furono commesse (1628) allo scalpellino Paolo Cherubini da Osimo. Più ampio ma di minor pregio, il palazzo adiacente dei Petroselli. Dirigendoci verso il Suffragio, fiancheggiamo il palazzo Giusti Orfini e prendiamo per il Trivio.

UNA PASSEGGIATA AI CANAPE’

Giunti al Trivio, lasciando a sinistra corso Cavour, imbocchiamo la via Mazzini, antica via della Mora. Fatti pochi passi, dal limitare della piazza Giacomo Matteotti aperta in epoca recente (1938), posiamo lo sguardo sulla via Cesare Agostini.
Proseguiamo per via Mazzini, dove superato a sinistra il palazzo Bechelli  già Silvani, ci attende sulla destra il cinquecentesco palazzo Barugi, unico palazzo folignate dai quattro lati visibili.
Davanti al palazzo Barugi, si erge il palazzo Mancia Salvini.
Procediamo per via dei Franceschi dove, sul lato destro, superato il bel portale al civico 12, già accesso per le carrozze del palazzo Mancia Salvini, ci cattura lo sguardo un altro elegante portale: quello del settecentesco palazzo Fontana poi Ravanelli, quindi Sorbi (1836), in un locale terraneo del quale rimane un soffitto decorato. Sul lato sinistro della via, appena più avanti, un bell’esempio di casa quattrocentesca a sbalzo, mentre poco più avanti, sullo stesso lato, lo stemma in pietra sul portale di un palazzo rimaneggiato, rimanda ad un’antica residenza dei Cattani, passata poi (1788) ai Caminati.
Entrati nella piazza San Francesco, la vediamo dominata dalla monumentale chiesa di San Francesco, oggi santuario della beata Angela da Foligno (2003), officiata dai minori conventuali, con l’attiguo oratorio della confraternita di Santa Maria del Gonfalone. In posizione centrale nella piazza, il palazzo del Tribunale di Perugia, sezione di Foligno, già della Camera di Commercio, costruito nel 1916 su disegno dell’architetto perugino Osvaldo Armanni. È però di recentissima realizzazione (2000) la struttura esterna d’accesso.
Entrati nella contigua via Benedetto Cairoli, ci approssimiamo al palazzo Lezi Marchetti  con l’altana coperta a padiglione, e dopo averlo superato, imbocchiamo poco oltre, a sinistra, la via Madonna del Giglio per giungere alla chiesa di Santa Caterina.
Prendiamo il tratto a sinistra di via Santa Caterina, costeggiando la zona cosiddetta del Cassero dal nome di una fortificazione eretta intorno al 1360 dal cardinale Egidio Albornoz e demolita nel 1439, dopo la caduta dei Trinci. Sul lato destro, all’altezza della traversa di via del Cassero, merita un ricordo lo stabilimento tipografico della Società Anonima Poligrafica Salvati. Il complesso è stato ristrutturato di recente, mutando tuttavia l’originaria destinazione. Poco oltre, a sinistra, si apre la via Vignola, cui è legato l’imponente edificio che vi si affaccia.
Al termine di via Santa Caterina si segnala, per l’area su cui insiste, un elegante villino in angolo con viale Luigi Chiavelllati, ristrutturato (1924) da Giuseppe Mainardi. Qui tra 1658 e 1810, ebbe sede il seminario vescovile che aveva riutilizzato un preesistente monastero benedettino dipendente dall’abbazia di San Pietro in Perugia. Dell’edificio resta solo il ricordo.
Simmetricamente in asse con il villino, sta un’esedra decorata da una piccola fontana e da uno straordinario fondale verde, completata da due ali con cancellate in ferro: è uno dei quattro accessi, il più usuale, al parco dei Canapè, unico polmone verde della città all’interno dell’antica cinta muraria, che in base a ridefinizione urbanistica dell’architetto Luciano Beddini, sono stati attuati su progetto dell’architetto Luciano Piermarini.
Traversiamo il parco dei Canapè, costeggiando a sinistra la medievale torre Montanara, e, per l’accesso secondario diametralmente opposto a quello del nostro ingresso, sbuchiamo nei pressi di porta Santa Maria, meglio nota oggi come porta Todi, al di fuori della quale è stato realizzato (2004) il largo Antero Cantarelli con fontana ornamentale disegnata dal pittore folignate Massimo Botti. L’appellativo più antico della porta, mutuato dalla vicina chiesa di Santa Maria Infraportas, si conserva nella via che si apre alla nostra destra, riportandoci verso il centro. Anche su questa strada, pochi ma significativi frammenti di storia cittadina: i resti di un edificio trecentesco, identificabile con l’antichissimo ospitale e monastero di Santa Maria del Verde, dell’ordine di San Domenico; il palazzo Ferappi, raro esempio di residenza decentrata del patriziato cittadino. Edificato nella prima metà del Settecento da un ramo dei Conti, su una casa cinquecentesca già Silvani poi Jacobilli, è stato in seguito dei Roncalli Benedetti Conti sino al passaggio (1924) alla famiglia da cui ha derivato il nome.
Poco più avanti a sinistra, la chiesa conventuale di San Domenico, trasformata in Auditorium (1996) su progetto di Franco Antonelli, che si alza grandiosa sull’omonima piazza antistante.
Alla grandiosa, trecentesca facciata di San Domenico, sembra far da contrappunto il portichetto, tre archi a tutto sesto sorretti da colonne con capitelli romanici, che protegge l’ingresso della vicina chiesa di Santa Maria Infraportas, parrocchiale e già collegiata, la cui più antica testimonianza scritta risale al 1207. Nella facciata, a corsi di pietra rosa e bianca, è presente una bifora che ha sostituito poco felicemente il rosone originario .
Sulla piazza San Domenico si affacciano edifici civili degni di nota.
Ai bordi della piazza di San Domenico, all’altezza di via Cortella, sfiorata a destra la casa degli Scota, imbocchiamo la via Mazzini e il palazzo Balducci già degli Spinola Gentili richiama subito la nostra attenzione, con il portale ornato da cornici in pietra sormontato da balcone con balaustra in ferro battuto.
In successione immediata, ed ugualmente ornato da balconata in ferro battuto, il palazzo Benedetti, già Zacchei.
Superato, più avanti a sinistra, il palazzo Lattanzi già Poli, che spicca per le eleganti finestre a timpano triangolare coi lati flessi, poi il palazzo Sbrozzi, già Lepri poi Roncalli Benedetti, soffermiamoci sul successivo, già Morselli poi Roncalli Benedetti.
Sfiorata poi una delle cinquecentesche dimore dei Bernabei, il cui stemma è ancora visibile sull’architrave di un portale nel cortile interno, e che successivamente (dal 1652) è stata residenza dei Ludovisi, arriviamo ad un crocevia, detto in passato Trivio della Fonte e poi, più comunemente, la Fonte del Trivio.
Convergono su via Mazzini, in questo punto, la via Aurelio Saffi a sinistra e la via Benedetto Cairoli a destra, che abbiamo già attraversato nel nostro percorso. Tra gli edifici che si fronteggiano lungo il primo tratto di questa, sino allo sbocco in piazza San Francesco, si segnala in particolare sulla destra il palazzo Casalini, già residenza dei nobili Bernabei nel Cinquecento, poi dei Venanzi, di un ramo degli Jacobilli (1654-1814), quindi proprietà dei Barugi Berardi.
Non meno ricca, sebbene meno appariscente, la decorazione del palazzo Rota che si distende poco oltre sulla sinistra.
Segue imponente, nella severa linearità, la facciata del contiguo palazzo Seracchi.Lo fronteggia, in angolo con via Madonna del Giglio, il palazzo Biondi, che è stato dimora dei Grilli e successivamente proprietà degli stessi Rossi.
Ritorniamo alla Fonte del Trivio. Nel tratto di via Mazzini ancora da percorrere, ci attendono in sequenza, sulla sinistra, alcuni interessanti edifici, a partire dal palazzo Nocchi.
Seguono: la casa natale del sacerdote e storiografo Michele Faloci Pulignani, come ricorda la lapide apposta (1956) nel centenario dalla nascita, già appartenuta ai Roncalli Benedetti; in adiacenza, contraddistinta da una facciata Liberty con marcapiani in graffito recanti il motto LABOR VIRTUS, la casa natale di altro insigne folignate: lo scienziato ed astronomo Feliciano Scarpellini (1762-1840), che riportò in auge (1801) l’Accademia romana dei Lincei. L’epigrafe (1879) lo ricorda insieme alla nipote Caterina Scarpellini (1808-1873), dedita anch’essa agli studi di astronomia. Pressoché di fronte, su un architrave  rinascimentale, è inciso il ricordo di Bernardino de Lunti, o degli Unti, medico ed astrologo  († 1515). Mentre nessuna lapide o segno ricorda la casa di residenza dell’architetto Filippo Neri, nonostante il suo contributo, qualitativamente notevole, al rinnovamento edilizio della città nella seconda metà del Settecento.
Torniamo di nuovo alla Fonte del Trivio e prendiamo per via Aurelio Saffi, dove si affaccia la fronte incompiuta della chiesa barocca di San Carlo,
Uno sguardo sul lato opposto al palazzo Novellis, già dimora dei Cotogni poi dei Mattoli quindi (1829) altra residenza dei Lezi Marchetti, ed imbocchiamo a destra la via Colomba Antonietti.
Retrocediamo su via Aurelio Saffi, e superata la chiesa di San Carlo, prendiamo subito a sinistra per via della Misericordia, così denominata dall’oratorio confraternale della Misericordia.
Pochi passi ancora, e lo sguardo si posa sullo stemma gentilizio dei Cantagalli posto sulla sommità di un cinquecentesco portale.
Percorso l’ultimo tratto di via della Misericordia, entriamo nella piazza Matteotti che si apre davanti a noi: negli edifici che vi rimangono e in quelli che sono stati abbattuti (1938) hanno vissuto casati prestigiosi: dai Varini, Jacobilli, Nicolini di Firenze (sec. XVIII), ai Boncompagni Ludovisi di Roma, Barnabò, Aluffi.
Attraversiamo la piazza Matteotti, per sbucare, voltando a sinistra, nella piazza della Repubblica. Uno stemma dei Barnabò residua sul bel portale che sfioriamo a destra prima di voltare: INTROITUM ET EXITUM CUSTODIAT DOMINUS, si legge sull’architrave.

LA VIA DELLA MOVIDA E DEI PALAZZI

Da piazza della Repubblica, lasciando alla nostra destra palazzo Trinci, imbocchiamo via Antonio Gramsci, antica strada dei Mercanti. Il primo monumento che subito richiama l’attenzione è palazzo Nuti Varini, più comunemente noto come palazzo Deli.
Alle spalle del palazzo, ed insistente sull’area occupata nel Settecento dalla casa di Giovan Battista Nuccarini, che fu archiatra pontificio, e nell’Ottocento dalla tipografia Tomassini, volge la facciata sulla piazza del Grano la moderna struttura della Biblioteca comunale.
Sulla contigua piazza don Minzoni, risultato di un bombardamento aereo (18 marzo 1944) che ha distrutto un preesistente palazzo (Jacobilli, Marcelli, Maggi poi (1802) Berardi), ed oggi abbellita da una fontana monumentale realizzata (2004) dallo scultore Ivan Taymer, volge il prospetto la chiesa di Sant’Apollinare, detta anche della Morte per essere stata sede dell’omonima confraternita, precedentemente orientata verso la piazza del Grano.
Sul lato ovest, in fronte al prospetto laterale del palazzo Nuti Varini Deli, ingentiliscono la veduta d’insieme della piazza due diversi prospetti – principale l’uno con elegante loggiato, laterale l’altro (di via Gramsci) – collegati da una lunga terrazza con ringhiera in ferro su contrafforte. Si deve a un raffinato intervento di recupero dell’architetto folignate Alfio Ercolani l’aspetto attuale delle due unità immobiliari, un tempo parti del medesimo fabbricato appartenente agli inizi del Seicento agli Urbani di Spello, e successivamente ai Brancaleoni, ai Girosi (1686), ai Bernardini (1725), ai Ciancaleoni Ricci (1824).
Continuando su via Gramsci, osserviamo a sinistra la facciata del palazzo Maiolica Pesci, sin  dal 1431 residenza dei Deli, il cui salone è stato decorato dal pittore Francesco Bottazzi; e poco più avanti, quella del palazzo Alleori Ubaldi, su cui svetta un’altana monumentale ed elegante.
Merita di essere menzionato anche il palazzo Natalucci Sasso, immediatamente successivo, in angolo con la via Aurelio Saffi.
Da segnalare anche, sul lato opposto, il complesso di edifici in angolo tra via Gramsci e via Palestro che tra Sei-Settecento costituivano un unico palazzo Orfini.
Apprezzabile anche l’edificio limitrofo in angolo tra via Gramsci e via Maurizio Quadrio, che fu residenza dei Bonavoglia, a lungo appartenuto in seguito (1757-1841) ai Toccacieli. Ammirando da palazzo Boncompagni l’elegante architettura rinascimentale di palazzo Vallati, si intravede sulla via Palestro il grande portale bugnato del palazzo noto come Mercurelli Salari, già residenza avita dei Gigli, edificato intorno agli anni Sessanta del Seicento accorpando varie costruzioni preesistenti. Di particolare interesse il palazzo Vallati.
Sull’angolo opposto di via Gramsci con via Aurelio Saffi, un’altra residenza dei Benedetti, caratteristica per i frammenti architettonici di età romana incorporati nel prospetto principale.
Superiamo il palazzo Vallati, con il rammarico di non poterne visitare l’androne ed il cortile utilizzati come deposito di un esercizio commerciale, e proseguiamo per il tratto successivo di via Gramsci. Sul lato destro, incontriamo dapprima il palazzo Piermarini, antica residenza dei Trinci posseduta poi dai Vitelleschi fino al 1775, quando è passata ai proprietari da cui deriva il nome.
L’attiguo palazzo Vitelleschi, risultato di una ristrutturazione realizzata nella seconda metà del Seicento ed in seguito rimaneggiato, nella cornice della finestra a destra del portale presenta le lettere G e P elegantemente intrecciate, verosimilmente le iniziali di Gregorio Piermarini: ulteriore testimonianza della complessa vicenda che ha interessato i due palazzi limitrofi.
Poco più avanti sulla sinistra, altri due arconi, uno dei quali a marcare l’accesso a via Benedetto Bechelli e l’altro inglobato nel prospetto dell’attiguo edificio: probabilmente logge medievali per l’esercizio della mercatura, cui si riallaccerebbe l’antica denominazione di strada dei Mercanti. Di fronte, in angolo con la via Scuola Arti e Mestieri, il settecentesco palazzo Mancia, già Zoppetti ed antica residenza dei folignati Leopardi (un architrave rinascimentale del piano nobile reca inciso IO. BELARDINO LEOPARDO), caratterizzato anche da una lunga terrazza balaustrata di realizzazione più tarda (1908), su cui affaccia il prospetto laterale opposto. Ed infine, sullo slargo dove sbocca la via, intitolato al folignate Federico Frezzi, umanista e vescovo della città (1403-1416), lo splendido prospetto con doppio portale balconato di palazzo Candiotti già Brunetti, uno dei più importanti complessi architettonici privati del Settecento, attualmente di proprietà comunale e destinato a sede dell’Ente Giostra della Quintana.
Adiacente al palazzo Candiotti, è l’oratorio del Crocifisso. Ritorniamo su via Gramsci, e giriamo a sinistra per via Scuola Arti e Mestieri.
Procedendo incontriamo a sinistra, leggermente arretrata, la chiesina di San Tommaso dei Cipischi.
La piazza in cui sbocca la via deriva il nome dalla chiesa già conventuale di San Nicolò, altro insediamento degli agostiniani cui è tuttora affidata la relativa parrocchia. Volte le spalle alla facciata di San Nicolò, imbocchiamo poco oltre a destra la stretta via Reclusorio.
Proseguiamo per via Reclusorio ed arriviamo in piazza XX Settembre, già della Spada, dove su tre dei quattro lati si affacciano altrettanti palazzi gentilizi, tra i più significativi della città. Domina a settentrione il palazzo Barnabò.
Di fronte, in angolo con via Maurizio Quadrio, il palazzo Carrara.
Delimita il terzo lato della piazza, anch’esso in posizione d’angolo, il palazzo Gherardi.
Attraversata di nuovo la piazza XX Settembre, prendiamo a destra per via San Giovanni dell’Acqua; sul lato sinistro della strada si affaccia la chiesa di San Giovanni dell’Acqua.
 
Superata la chiesa, a destra del ponte a due arcate su cui passa la strada, osserviamo le vestigia del mulino cosiddetto di Sotto, un altro dei mulini un tempo di proprietà comunale, e poco più avanti, sul lato opposto, il suggestivo spazio verde dell’Orto Elmi Orfini Vitelleschi, recentemente recuperato ad uso pubblico.
 

COSTEGGIANDO IL FIUME TOPINO

Al termine di via San Giovanni dell’Acqua, si offre alla vista a destra quanto resta della facciata di San Claudio, chiesa edificata intorno alla metà del Duecento. L’annesso monastero di clarisse, soppresso nel 1860 e successivamente adibito a stabilimento industriale, è destinato attualmente a quartiere residenziale.
Prendendo a sinistra la strada di circonvallazione che in questo tratto costeggia il Topino, scopriamo poco distante la chiesa della Madonna delle Grazie.
Retrocediamo verso San Claudio e percorriamo l’intero tratto di circonvallazione che corre lungo il fiume (via Franco Ciri), fino al crocevia di porta Firenze, già San Giacomo, toponimo che richiama un’altra delle storiche porte della città.
Attraversiamo il crocevia, e superato a sinistra un significativo esempio di casette sul fiume recentemente restaurate, costeggiamo le antiche mura bagnate dal Topino fino alla torre dei Cinque Cantoni.
Procediamo su via Augusto Bolletta, e dopo aver intravisto un’altra torre del Quattrocento munita di archibugiere, dietro ai resti del ponte tardoantico già ricordato, giriamo a destra per via Gentile da Foligno. Percorriamone un tratto, fino alla chiesa di Santa Maria della Consolazione, eretta negli anni Ottanta del Cinquecento e definitivamente chiusa nel 1921. Voltiamo nuovamente a destra, imboccando via Santa Lucia, ed arriviamo al monastero di Santa Lucia.
Lasciato il monastero di Santa Lucia, ci immettiamo a sinistra su via Mentana, cuore dell’antico rione Pugilli. Superati il palazzo Laurenzi (n. 58) e il palazzo Berardi, all’imbocco di via del Pozzo, che delimita a destra il palazzo Berardi, un’antica lapide ricorda il puellarum puteus, o pozzo delle Puelle, altra denominazione del rione Pugilli.
Percorrendo questa caratteristica viuzza, si arriva di fronte all’Ospedale civile “San Giovanni Battista”, dismesso di recente (2006).
Oltrepassato l’ospedale, prendiamo a destra per piazza San Giacomo, su cui sorge la chiesa di San Giacomo. Domina il lato opposto della piazza il palazzo Andreozzi.
Costeggiamo palazzo Andreozzi ed imbocchiamo via Feliciano Scarpellini, strada costruita sopra l’antico ponte di Cesare o della Pietra e tratto di via della Campana (già strada di San Giacomo ed attuale via XX Settembre) prima della sua rettificazione realizzata tra gli anni Ottanta e Novanta dell’Ottocento su progetto (1863) dell’architetto Vincenzo Vitali modificato (1886) dall’ingegnere Eugenio Trampetti. La via Santa Margherita, che si apre a destra, ci guida alla scoperta di un altro angolo particolarmente suggestivo della città, ricco di monumenti che ne testimoniano, in mirabile sintesi, storia civile e religiosa, attività produttiva e cultura letteraria. A sinistra la chiesa di Santa Margherita, poi oratorio di San Giuseppe o della Trinità dal titolo della omonima confraternita.
Al di là del ponte, a destra del canale, la casa con ampio giardino (oggi adibito a parcheggio) dell’umanista folignate Federico Flavio (1470 -1540). A sinistra, il portico delle Conce, area di insediamento delle concerie sin dal medioevo, che si sviluppa lungo il canale dei Molini finendo a ridosso del mulino di Sotto. Percorrendolo sino in fondo, si può ritornare in via San Giovanni dell’Acqua.
All’imbocco delle Conce, caratterizzata dalla balconata in muratura che si affaccia sul canale, una delle prime residenze, con annessa conceria, della famiglia Candiotti, che nell’edificio contiguo alla parte absidale della chiesa di Santa Margherita, e già Ospizio dei pellegrini (1717-1798), condurrà anche, nell’Ottocento, una fabbrica di sapone.
E poco più avanti, un altro interessante esempio di residenza gentilizia rinascimentale: il palazzo Barnabò alle Conce, così noto per essere appartenuto più di recente a questo casato.
Percorriamo la via San Vito, che si apre dietro l’abside della chiesa di Santa Margherita, e fermiamoci dove la via si allarga, quasi a formare una piazzetta. Sul lato sinistro sorgeva un tempo la chiesa di San Vito della Corporazione dei Barbieri, di cui non resta che il riferimento toponomastico, mentre si erge tuttora sul lato destro, con la facciata rivolta verso via XX Settembre, un’altra casa di abitazione dei Candiotti – già Fiastra, poi Mola, quindi Nobili -, successivamente (1847) residenza di Giuseppe Bragazzi, autore di due opere tuttora lette e utilizzate: il Compendio della storia di Fuligno (1859) e La rosa dell’Umbria (1864). Ancora un tratto di via XX Settembre, poi entreremo nella piazza della Repubblica, ove si conclude la nostra passeggiata alla scoperta della città.

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Ultimo aggiornamento
14/04/2023
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