Descrizione
Il Festival Segni Barocchi propone due appuntamenti mercoledì 4 settembre. Alle 18, sala Sisto IV di Palazzo Trinci, conferenza “Vanitas”, luci e ombre nella metamorfosi barocca a cura di Michele Romano (docente all’Accademia di Belle Arti di Catania). Il concetto di “vanitas” nell’iconografia barocca è uno strumento per una visione antropologica e culturale della società del Seicento europeo. La committenza, sia laica che cattolica, di vescovi e principi, hanno richiesto un alfabeto ermetico ricco di simbologie cosmologiche: memento mori, danze macabre, la fugacità del tempo. La peste, il colera venivano raffigurate come monito di punizione divina, per poi ringraziare con immaginifiche “feste barocche”. Artisti del naturalismo barocco, da Bernini a Caravaggio, da Ribera ad Annibale Carracci hanno reso visibile questa “grammatica del vedere”, in particolare le “pesti” di Giulio Gaetano Zumbo, che dopo le teste anatomiche di Bologna e Firenze, completò la sua esperienza artistica a Parigi. Il concetto di “barocco, perla dalle mille sfaccettature, si traduce secondo le teorie di Mario Praz nel suo testo: Il giardino dei sensi, come sinestesie dell’anima, come visioni fantastiche di una società moderna in divenire, una nuova visione dell’Uomo universale, tra arte, scienza e filosofia.
Alle 21, nella corte di Palazzo Trinci, “Da Bach a Weinberg” con Jacopo Francini, al violoncello, e “Dichiaro guerra al tempo” dai Sonetti di Shakespeare con Martino Duane, voce recitante.
Il direttore artistico del Festival, Daniele Salvo, sottolinea, tra l’altro, che “nel teatro di Shakespeare si rischia la vita, si gioca con le passioni, la fragilità, l’innocenza, la dolcezza e la violenza dell’uomo. È un gioco con il destino: si ritroverà la strada smarrita? Ci sarà almeno un sopravvissuto? Il Poeta frequenta il futuro nella vita di ogni giorno, si batte per la verità, cade in deliquio, trema, sviene per un istante e in quell'istante elabora universi, sogna l'infinito e tenta di decifrarne la grammatica”. Salvo scrive che “Francini e Duane iniziano un dialogo senza fine, dove, da due diverse dimensioni, la musica e la recitazione, si interrogano ancora e ancora sulla vera natura dell’ Amore. Sul confine tra amore e amicizia. Una conversazione infinita, dove il gioco dei sentimenti è vissuto fino in fondo e porta i due interpreti ad osservare con dolcissima compassione la fatale caducità del nostro tempo terreno. Perché è proprio il Tempo, con il suo inganno, il suo orrore, il suo splendore, a rappresentare il vero grande tema dei Sonetti di Shakespeare. Amore e Tempo. Entrambi caduchi. Entrambi infiniti. E noi sempre in guerra. Con entrambi.
cr (Sb4s)